Le notizie sottostanti sono estratte dal testo “Vita del venerabile Servo di Dio Fra Serafino da Monte Granaro – Laico dell’Ordine dei minori Cappuccini della Provincia della Marca” di Fra Pier Benedetto Giovannini D’Urbino – Urbino 1709 – e riguardano esclusivamente l’operato di San Serafino da Montegranaro a Loro Piceno. Inoltre vengono riportati fatti riguardanti persone di Loro che hanno ricevuto guarigioni o che sono state testimoni di fatti miracolosi da parte di San Serafino. Il volume descrive in maniera minuziosa moltissimi fatti riguardanti la vita del santo, canonizzato da Papa Clemente XIII il 16 luglio 1767, che non vengono citati in quanto relativi ad altri luoghi e a persone di altri comuni.
Felice (Fra Serafino) nacque nel 1540 a Monte Granaro da Girolamo Pianpiani e Teodora Gioannuzzi.
Teodora fu una buona genitrice, cristiana e incline alle cose spirituali. Suo figlio, Felice, apprendeva rapidamente i suoi insegnamenti.
Sin da fanciullo Felice si dedicò a guidare al pascolo gli ovini e nel portare avanti il suo lavoro, pregava e digiunava.
Morto suo padre Girolamo, quando era fanciullo di pochi anni, fu richiamato da Silenzio, suo fratello maggiore, alla casa paterna. Silenzio lo fece applicare alla sua arte di muratore. Il fratello Silenzio, di carattere molto diverso, era austero e collerico e lo gravava spesso dei lavori più pesanti, lo rimproverava e a volte picchiava Felice il quale,però, non proferiva parola, non si lamentava o ribellava ma continuava a pregare e a digiunare subendo dal fratello numerose angherie.
Un giorno un certo Nicola Mannucci, uomo onorato di Loro, castello di Fermo, volle costruire un edificio e chiamò Silenzio di Monte Granaro, quale muratore, che con altri operai, compreso Felice, andò a lavorare per lui (probabilmente nel 1556/57). Nicola aveva una consorte devota, Pieruccia, e una figlia di nome Ludovica, chiamata comunemente Lisa (come veniva chiamata a Loro). La famiglia di Lisa era devota ai cappuccini che spesso ospitavano in casa non essendoci ancora in Loro un monastero.
Felice portava calce, mattoni e acqua e si trovava spesso a passare avanti la camera di Lisa che frequentemente era in preghiera.
Terminato il suo lavoro di muratore a volte si fermava e conversava con Lisa la quale gli narrò dei cappuccini, della loro vita, dei digiuni, delle penitenze e delle orazioni. Incuriosito e interessato Felice si informò dove avessero un monastero. In quegli anni a Loro non ne era stato costruito alcuno ma ve ne era uno a Camerino e uno a Tolentino, non distante da Loro.
In quegli anni, Felice anelava farsi religioso tra i cappuccini e si incamminò verso il convento di Tolentino, situato allora fuori città e chiamato San Pietro sul colle Pianciano (i Cappuccini erano presenti in aree extraurbane fin dal 1539 a Tolentino). Il convento si trovava in un “orrido luogo” e ciò accese di più il desiderio di Felice che, pieno di speranza di potervi entrare, tornò a Loro sul suo luogo di lavoro nonostante il fratello Silenzio continuasse a rimproverarlo e punirlo per la sua scarsa efficienza nel lavoro di muratore. Fu allora che Felice lasciò il lavoro, il fratello e i compagni: aveva circa 17/18 anni.
Intorno al 1557, Felice decise di chiedere di essere ammesso come laico professo tra i frati minori cappuccini di Tolentino. Con l’ingresso nell’ordine religioso, sorto nel 1525 proprio nelle Marche come riforma dell’Osservanza francescana, Felice assunse il nome di Serafino. La scelta di farsi cappuccino comportò l’adesione a un ideale di vita fatto di severo ascetismo, povertà integrale e intensa devozione a Cristo.
Acquisì il nome di Fra Serafino nel 1558.
Molti anni dopo, essendo già diventato cappuccino, Felice (Fra Serafino) fece domanda al suo superiore di potersi recare a Loro per chiedere informazioni di Lisa Mannucci poiché avrebbe desiderato parlarle in quanto era stata lei ad averlo “illuminato” e condotto alla scelta di vita che successivamente lo avrebbe portato alla santità. Nel frattempo Lisa si era maritata e aveva costituito una sua famiglia ma non aveva dimenticato Felice e le loro conversazioni. Quindi, avendo saputo dell’arrivo di Felice a Loro e del suo desiderio di incontrarsi, si recò lei stessa al monastero fabbricato da poco.(1) Felice le parlò ringraziandola di avergli fatto conoscere la realtà dei cappuccini. (Del loro incontro riferirà la stessa Lisa a padre Bernardino d’Orciano, predicatore cappuccino, nel 1609, quando Lisa era vedova e molto avanzata di età, molti anni più tardi).
Da una serie di dati si può desumere che Fra Serafino risiedette a Loro tra il 1588 e il 1589. Durante tale periodo e nei giorni in cui Fra Serafino sostava a Loro, il convento si popolava di moltissimi infermi che accorrevano per ottenere la guarigione.
Morì ad Ascoli Piceno il 12 ottobre 1604. Le sue spoglie riposano ancora nella chiesa del convento dei frati cappuccini di Ascoli Piceno, divenuto santuario a lui dedicato.


Tela raffigurante San Serafino da Montegranaro Cappuccino del lorese Nicola Ronconi (1728). Era esposta presso la chiesa di Sant’Antonio da Padova (cosiddetta chiesa del Cimitero).(2)
La tela misurava circa cm 68 X 79, mentre il riquadro che la ospitava misura circa cm 68 X 94, infatti è evidente che la fascia in basso di circa cm 15 è costituita da pittura su intonaco, ancora visibile presso la chiesa.
Vengono ora riportati i fatti miracolosi di Fra Serafino, avvenuti a Loro Piceno, o a persone loresi, o fatti in cui queste ultime furono coinvolte.
Nel 1590/91 Fra Serafino si trovava nel convento di Civitanova. Essendo di indole docile, mostrava verso i suoi superiori profonda ubbidienza, nonostante spesso venisse mortificato. Non si ribellò mai perché ricevendo umiliazioni, lui stesso dichiarò “poteva avvicinarsi a Dio”. Padre Giovan Battista da Bologna, guardiano del convento di Civitanova, lo mortificava tanto che Fra Clemente da Loro fu mosso a compassione e supplicò il superiore di sospendere tanto rigore con il povero religioso, perchè Fra Serafino sapeva parlare molto bene alle genti in quanto Dio aveva infuso in lui la sapienza. Non sapendo leggere molto bene, solo Dio aveva potuto conferirgli il dono della parola saggia.
A Loro accadde che il guardiano del convento gli chiese di parlare ai religiosi con dei ragionamenti spirituali ed egli citò le parole della cantica “Dilectus meus mihi et ego illi” (n.d.r. Il mio amato è qui per me ed io per Lui) e parlò per più di un’ora e disse cose così belle con “gesti così vivi e tanta agitazione nelle mani che la mattina seguente non poteva muoversi”. Fu riconosciuto che senza lo Spirito Divino non avrebbe potuto parlare così. Inoltre Fra Serafino aveva spesso delle visioni e confessò di aver veduto in paradiso le anime di Nicola e Pieruccia da Loro, genitori di Lisa, sua prima benefattrice.
Dallo stesso libro si riportano le seguenti parole “ restò vedova a Loro, con una sola figliola, Presepia, la donna Lacera Fattori, che avendo molti partiti per maritarla, come eredi di tanta roba lasciata dal padre, non sapendo quale scegliere, andò a raccomandarsi da Fra Serafino, il quale rispose di non meritarla perché sarebbe stata la rovina della casa e cercò di convincere anche la giovane perché un giorno sarebbe stata sposa di Dio. Entrambe si arresero al suo consiglio, infatti la giovane poco dopo morì e la madre restò con la sua eredità che altrimenti se fosse stata maritata la figlia, ne sarebbe restata priva “.
Antonio Gabrielli di Morrovalle andò un giorno a Loro con il capitano Giovan Francesco Lazzarini che aveva desiderio di farsi cappuccino e voleva parlare con Fra Serafino che si era trattenuto a Loro. Si fermarono tutti e due quei giovani con Fra Serafino in vari ragionamenti. Quando il capitano Lazzarini disse a Fra Serafino che voleva farsi frate, egli rispose che Dio, per lui, aveva scelto un’altra strada, mentre era Antonio Gabrielli che doveva “disporsi a farsi religioso”. I due giovani rimasero stupiti delle parole di Fra Serafino, ma la profezia si realizzò. Infatti il Lazzarini “si raffreddò a poco a poco nel desiderio di farsi cappuccino e Antonio Gabrielli vesti l’abito di cappuccino con il nome di Fra Vincenzo da Morrovalle il quale riuscì un ottimo sacerdote”.
Marino Francesco Lauri da Loro, essendo infermo andò da Fra Serafino al monastero di Loro per raccomandarsi alle sue preghiere. Fra Serafino disse che sarebbe morto di quel male e che si disponesse all’ultimo passo. Così accadde.
Giulio di Cotticone da Loro aveva una febbre che lo affliggeva da quattro mesi. Andò a trovare Fra Serafino tra molti stenti in quanto molto debilitato. Andò al monastero di Loro dove allora si trovava. Fra Serafino prese un piccolo pane, lo divise in quattro pezzi e gli ordinò di mangiarne uno al giorno, gli dette un Breve, lo condusse avanti l’altare in chiesa, lo fece inginocchiare e recitare sette volte l’orazione domenicale e lo segnò con il suo Crocifisso. La febbre lo liberò e in quattro giorni di convalescenza recuperò le forze come non avesse avuto alcun male. Di quel Breve si servì per toccare altri malati di febbre e lo stesso Breve divenne famoso e tutti lo cercavano e da esso furono beneficati e lodavano il Signore.
Laura Fattori di Loro era afflitta da un male, era impedita nella coscia, ginocchio e gamba e storpiata che non poteva né vestirsi né coricarsi a letto, nè levarsi da esso senza aiuto di altre persone. Fra Serafino si trovava nel monastero di Loro e poiché molti andavano per essere “segnati” da lui e ne uscivano guariti, anche ella andò più volte ma il frate non la ricevette. Una volta si appressò al monastero e si accostò a lui per parlargli e gli disse di non essere stata ascoltata per più volte, pur essendo, anche essa, una benefattrice del monastero. Più volte era tornata a casa piangendo, non tanto per i dolori ma per non essersi sentita degna di essere ascoltata. Fra Serafino la ascoltò in silenzio sapendo che nella donna doveva crescere il dono della pazienza e della fede. Senza dirle parole benedisse la donna e toccò le sue ginocchia e se ne andò. La donna fu perfettamente guarita tanto che, libera, tornò da sola a casa come se non avesse mai avuto alcun male, lodando il Signore. Alla stessa donna si ammalò una figlia chiamata Presepia che si trovava tutta gonfia e incapace di muoversi anche in casa e immobile in ogni movimento. La madre avendo sperimentato la santità di Fra Serafino gli scrisse trovandosi lui, in quel momento, a Monte dell’Olmo (oggi Corridonia) per risanarla. Ma Fra Serafino le rispose di portarla da lui che avrebbe avuto la forza per percorrere 7 miglia. La madre si procurò un cavallo per coprire la distanza, ma la figlia fu capace di percorrere a piedi la strada e fu poi segnata da Fra Serafino quando giunse al convento. Se ne tornò a casa guarita. La stessa donna di Loro ricorse al frate per aver sanata una mano che le procurava forti dolori e fu miracolosamente guarita.
La moglie di Domenico Perfetti di Loro, aveva un figlio piccolo che veniva tenuto in braccio in quel momento da un’altra giovane di Loro. A quest’ultima cadde il bimbo dalle braccia. Al piccolo si ruppe una gamba ma il bimbo non sapeva manifestare il suo dolore se non con il pianto. Le donne non sapevano quali conseguenze avesse comportato la caduta. Fu portato da Fra Serafino che si trovava nel convento di Loro, il quale lo segnò con il suo crocifisso e lo guarì. Negli anni non si lamentò mai più di alcun dolore all’arto.
A Diana di Giovanni da Loro che non poteva servirsi di una mano e alla madre che aveva una costola rotta pose una mano e le miracolò.
Lelio Massucci da Loro aveva un piede slogato e un figliolo di Domenica Perfetti da Loro, aveva una mano impedita. Li guarì entrambe ponendo il suo Crocifisso.
Bernardino di Leone da Loro era infermo ad una mano la quale con il tempo si piagò. I medici fecero di tutto per guarire la piaga ma invano essa si allargava a tutto il braccio, quindi risolvettero di amputare tutta la mano affinché non si propagasse a tutto il corpo. L’inferno aveva orrore della sofferenza di tale operazione e sapendo che a breve sarebbe arrivato al convento di Loro Fra Serafino, famoso per tanti miracoli, decisero di attendere al taglio della mano. Venne a Loro Fra Serafino e Bernardino lo chiamò nella sua casa, giunto là fuori lo guarì senza alcun rimedio sia della piaga che dell’uso della mano che fu libera.
Giuseppe Ferrante, contadino di Loro era cieco di ambo gli occhi. Avendo sentito di Fra Serafino e dei suoi meriti, decise di andare a trovarlo. Seppe che si trovava a Monte dell’Olmo (oggi Corridonia) e alcuni amici lo condussero da lui e fra gli amici Diana e Laura che erano state liberate dai loro mali. Partirono tutti insieme da Loro e Giuseppe fu guidato nella sua cecità lungo la strada dagli amici. Durante il viaggio Giuseppe iniziò ad esclamare “al miracolo” in quanto vedeva benissimo avendo riacquistato la vista. Così fece per tutta la sua vita. Fra Serafino gli aveva risparmiato anche parte della fatica del viaggio donandogli la vista.
Correvano innumerevoli infermi al convento dei Cappuccini di Loro quando qui si tratteneva Fra Serafino “venerabile Servo di Dio “per essere guariti.
Si trovava in chiesa Marta di Antonio, nuora di Lisa da Loro, a cui Serafino doveva la sua vita religiosa di cappuccino, avendolo avviato su tale strada. Marta condusse da Fra Serafino una cieca di Civitanova la quale riacquistò la vista in presenza di Marta. “Tutto ciò depose Marta durante il processo di santificazione”.
Battista Passacantando di Tolentino era infermo incurabile, aveva una gamba con molte piaghe profonde. Esso si fece portare a Loro nel convento, dove in quel tempo era Fra Serafino che lo guarì. Battista pochi giorni dopo andò a piedi a Loro con un’elemosina per i cappuccini come ringraziamento ai suoi benefattori per il miracolo ricevuto.
Domenico Venturelli da Loro non guariva da “ un angustia di petto”, si fece “segnare” da Fra Serafino e in pochi giorni si trovò libero da ogni male, così accadde a Virginia Di Gregorio da Loro che guarì dello stesso male con la benedizione del Crocifisso di Fra Serafino.
Così guarì anche Mica Boffa da Loro di una cancrena che le divorava su tutto il viso.
Lorenzo Perfetti da Loro non mangiava più e non parlava più essendo vicino alla morte. Fu miracolato da Fra Serafino con il suo Crocifisso.
Fu emblematico il caso di Enea di Giovanni da Loro che andò in Ascoli per affari e si recò al convento da Fra Serafino per portargli i saluti di sua sorella Laura la quale aveva ricevuto delle grazie da lui. Fra Serafino gli diede un pane da portare a sua sorella la quale avendolo ricevuto lo divise tra vari infermi i quali ricevettero tutti la grazia richiesta e guarirono. Lo stesso fece Diana, sorella di Laura, la quale avendo avuto parte del pane guarì altri infermi.
Enea Fattocci da Loro ebbe da Fra Serafino, quando era in vita, un pane che egli portò in dono a Laura, sua sorella. La nipote di quest’ultima, essendo molto devota, lo conservò per 7 anni integro e fresco. Con qualche mollica di esso furono guariti molti infermi.
Giulio Cotecone da Loro, ricevette da Fra Serafino quando viveva, un Breve. Il frate gli disse che ogni volta che lui o altri avessero avuto la febbre se lo dovevano porre sul collo che sarebbero subito guariti. Molti febbricitanti ricorsero a quel Breve e tutti guarirono. Tra essi un parente del suddetto Giulio che era afflitto da una febbre altissima e postosi il Breve sul collo fu subito liberato da tanti mali. Stessa cosa accadde al suo figliolo.
Fra Serafino fu sempre dotato di semplicità di buon giudizio e prudenza, fu di natura quieta e pacifica, di poche parole, mite di animo e anche se mortificato fu sempre sereno.
Dopo la sua morte (avvenuta nel 1604) compì miracoli.
Dal 1604 al 1609 si cercò di attenuare la grandezza e i miracoli di Fra Serafino detto il “ Servo di Dio”; la chiesa, inutilmente, cercò di frenare gli innumerevoli fedeli che facevano visita al suo sepolcro.
Dal 1626 al 1632 la causa di beatificazione viene iniziata e conclusa ad Ascoli Piceno, prima con un processo ordinario, poi con uno informativo fino a quello apostolico che concluse la causa.
Il 16 luglio del 1767 Clemente XIII lo incluse nell’albo dei santi.
Note:
(1) Sembra che la prima famiglia di francescani si formò a Loro intorno al 1260 ma non si hanno notizie certe sulla sua localizzazione, mentre: “…..Era il 7 febbraio 1569 quando il pubblico Parlamento lorese su esortazione del consigliere Mariano Crescimbeni deliberò con 98 voti favorevoli e quattro contrari di erigere un convento destinato ad ospitare una comunità di minori cappuccini…
A Loro già nel 1570 era presente un primo nucleo di religiosi di cui si ignorava la provenienza che furono accolti nell’ospitale delle confraternite del Santissimo Corpo di Cristo e di Santa Maria della Concezione situato all’interno del Convento di San Francesco…
Non conosciamo la data esatta che segnò l’inizio dei lavori portati a termine nel 1578, ma già dal 6 Febbraio 1571 il comune concesse per l’erezione del Convento una notevole quantità di pietre, travi, della torre più alta del Castello che era stata abbattuta l’anno precedente…
Il 29 settembre 1611 i consiglieri Camillo Milani e Giovan Battista Tonelli vennero incaricati di raccogliere le elemosine per la costruzione della sagrestia del convento che fu portato a termine nel marzo 1623…”
Note tratte dal testo – Loro Piceno – di Consolati P, Mucci F, Nalli C. – Giuffrè Editore – 1998. ⇑
(2) La santità di Serafino è ricordata in un’epigrafe a destra di chi entra nella chiesa di Sant’Antonio da Padova (ex Cappuccini) sotto la tela, ora dispersa, che lo rappresentava.
Oggi possiamo leggere:
“NOMEN ANTIQUUM NOMEN AETERNUM
1728
SAN SERAPHINUS DE M. GRANARIO
LAICUS CAPPUCCINUS
QUI PRIMA HIC LAURI UBI SAECULARIA GESSIT
CUNCTARUM TIROCINIA VIRTUTUM IECIT
POSTEA IN RELIGIONEM
UBI VIXIT PROFECIT
POSTREMO ASCULI UBI OBIT
PERFECIT”
In italiano si può tradurre: ”Il nome antico, il nome eterno, 1728, San Serafino da Montegranaro, laico cappuccino, che qui a Loro, ove fu da giovane secolare, gettò le prime fondamenta di ogni virtù, progredì quindi nelle vie della religione in cui visse. Finalmente consumò il suo corso glorioso in Ascoli, dove morì”. ⇑